Pubblico qui alcune righe e versi.
Qualcosa è anche su carta.

domenica 22 agosto 2010

Molini di Triora e la "Festa dell'acqua"

Poco fa ho incrociato una volpe, Ho rallentato per guardarla. Poco prima di Montalto ligure, tra gli ulivi e la strada. Ho sentito dire che porta bene, quanto meno allegria. A ritroso certamente sì.
E' stato un bel tramonto quello dai Molini di Triora. Come un colore d'alberi lontani fin dentro il Gallo Nero bar.
Le alture diffidano di ciò che viene dal mare. Ma questa volta il Circolo di Legambiente ha fatto le cose per bene; o forse anche la fortuna è stata di favore. Nelle Case Alte del paese, che a stagione confinano con funghi o neve, Daniela Lantrua e i "suoi" sono riusciti a portare ragazze e ragazzi da lontano. Belli, di modernità e di mimesi. Stanno pulendo e restaurando. E nella grande sala hanno raccontato, uno a uno, in poche parole quello che avevano da raccontare. Hanno ascoltato la presentazione che ho voluto fare del libro di Giacomo Revelli Dell'approvvigionamento idrico della città di Genova: un "noir" assai ben costruito in cui Neptuno Caeiro, chimico portoghese alle dipendenze dell'amministrazione comunale, con la vita troppo tranquilla tra laboratorio latteria e fidanzata, si trova coinvolto, è il caso di dire suo malgrado, nelle indagini su un serial killer che "firma" i propri delitti con un bicchier d'acqua; Caeiro, con le sue bizzarre teorie: a seconda dell'acquedotto da cui i genovesi bevono presentano caratteri indelebilmente diversi: generalmente "aperti" i fruitori del De Ferrari-Galliera, altrettanto "chiusi" quelli del Nicolaj. Storie di questo e d'altri secoli, storie già fatalmente chiuse.
Hanno saputo parlare e ascoltare, ma anche farsi sentire, i ragazzi. Due piazze più in basso, davanti a una chiesa così bella che sarebbe sembrata piccola anche a un bambino, non so in quale taglio di tempo, son riusciti a mettere tavoli, ornamenti di rosmarino (mai nessuno però che ne ricordi il bellissimo nome latino rugiada di mare), pane e pomodoro, delicatissima zuppa, crostata, vino rosso e acqua sorgiva (era pur sempre la "Festa dell'acqua"). E a cantare. Così, semplicemente, non perché si deve fare ma perché prepara il cuore e la pelle alla notte. Quando le voci sono belle e nel buio la chitarra dà chiare e sciolte le sette lettere della sua cifra.
Salivano talvolta rapidi e verdi come lepri impaurite i miei avi.
Meglio la nostra volpe à rebours...